Finali. Competitive e di festa: vince l’incontro con lo sport
A Montecatini è stato possibile centrare due obiettivi, fra loro apparentemente contrapposti, eppure, nella logica della proposta sportiva del Csi, entrambi importanti: la competitività e la festa. Oggi, nel comune sentire della gente, la competizione esclude atteggiamenti di incontro, di condivisione. Vince il migliore; a chi sta sotto tocca il ruolo del secondo, dello sconfitto. Ma nel Csi la riflessione sul senso più profondo dell’essere sportivi è andata molto avanti, approdando ad un futuro che era già scritto nel Dna dei fondatori: competizione fra individui tra loro solidali. La partita è contrasto pulito e rispettoso per raggiungere risultati contrapposti ma interdipendenti. Non c’è partita se non fra due squadre, non c’è corsa se non fra più concorrenti. Mai nemici ma, al contrario, solidali pur nelle dinamiche del confronto sportivo. Qui sta la grande intuizione della proposta sportiva del Csi; un’intuizione profetica perché affonda le proprie radici nei valori della cultura cristiana e del messaggio evangelico. Perciò Montecatini è stato un successo. Lì si sono tenuti i campionati nazionali e sono state stilate classifiche sul valore sportivo. Ma la competizione non ha prodotto contrasto. Anzi, al contrario, è stata la ragione della festa perché occasione di incontro fra atleti, dirigenti, accompagnatori, semplici volontari capaci di servire lo sport nelle sue mille sfaccettature organizzative. Fugati dunque i dubbi e le preoccupazioni di chi temeva non fosse possibile gestire numeri così elevati di partecipanti. Per certi versi possiamo dire che è stata una scommessa vinta perché abbiamo puntato sul sicuro: competenza e dedizione degli organizzatori, insieme alla voglia di gioco e di puro divertimento di ragazzi, giovani e meno giovani. Non a caso ho evocato il concetto di “incontro attraverso lo sport”, perché mi sembra importante sottolineare le parole del Papa che ancora recentemente ha esaltato il valore della pratica sportiva nella dimensione umana dell’incontro. Occorre: “Continuare a promuovere lo sport come esercizio della pratica della virtù che aiuta la crescita integrale degli esseri umani nello sviluppo della comunità” come ha affermato il Papa attraverso un testo, a firma del segretario di Stato vaticano, card. Pietro Parolin. Credo che raramente il tema della pratica sportiva sia stata tanto al centro del dibattito etico, morale e sociale di una comunità civile, come ora. Si tratta indubbiamente di un segno dei tempi, di un’attenzione ad un settore che può rappresentare un luogo di alienazione, di sfruttamento dei talenti dei giovani, oppure può essere luogo per la diffusione di una forte “cultura dell’incontro, della fraternità e della solidarietà – citando ancora Papa Francesco – via sicura per la costruzione di un mondo più pacifico e giusto”. Mi sembra evidente che su di noi si accentrino aspettative molto alte, ma non dobbiamo spaventarci. Al contrario, dobbiamo essere profondamente e sinceramente orgogliosi di trovarci pienamente dentro questa esaltante dimensione: la possibilità di realizzare, attraverso lo sport, la visione cristiana della comunità. Abbiamo sicuramente delle grosse responsabilità, ma abbiamo gli strumenti giusti per essere sempre di più, giorno dopo giorno, costruttori di un mondo migliore.